"Piano! Non precipitiamo le cose" ammonì Scimmiotto. Recitando un incantesimo mise in libertà il drago e spiegò: "Non possiamo rimetterci in cammino senza il cavallo. Pensate quanta strada dobbiamo fare e quante montagne valicare per giungere a destinazione: il maestro non può farcela con le sue gambe. Aspettate che ricuperi il cavallo."
Attraversò a passi felpati la Sala delle Campanelle d'Oro, dove mostri grandi e piccoli giacevano addormentati, e andò a prendere il cavallo tirandolo cautamente per la cavezza. Da antico equipuzio, con i cavalli ci sapeva fare; il cavallo drago, da parte sua, mentre avrebbe accolto un estraneo con impennate e nitriti, lo seguì quieto e ubbidiente. Scimmiotto strinse le cinghie della sella e invitò il maestro a montare.
Quando il reverendo fu in sella, ancora tutto tremebondo, voleva partire senza indugio. Ma il Novizio ammonì: "Calma! Non possiamo mica andare in giro senza passaporto, con tutte le frontiere che dobbiamo ancora attraversare. Aspettate che ricuperi i bagagli."
"Mi pare che i mostri li abbiano posati nella Sala delle Campanelle d'Oro, appoggiati al muro sulla sinistra, insieme al bilanciere."
Scimmiotto andò in esplorazione e vide una luce che emanava in un angolo. Proveniva dalle perle del kasâya di Tripitaka ed era così intensa che, nel buio, filtrava attraverso il sacco. Verificò che nulla fosse stato asportato, richiuse le valigie e le consegnò a Sabbioso.
Finalmente si mossero verso la porta meridionale del palazzo, che trovarono saldamente sbarrata e lucchettata; qua e là, nel buio, si sentivano tintinnare campanelle e gracidare raganelle di guardiani notturni.
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