"Non dire sciocchezze!" gridò Tripitaka. "Comunque la si voglia mettere, è una persona cui salvo la vita. Perché mai dovrebbero derivarne tante complicazioni? Portiamola con noi: prendo io tutta la responsabilità."
"Parlate di responsabilità, ma non sapete quello che dite. Tutto sommato non salvate nemmeno lei, ma piuttosto le fate del male."
"Come sarebbe a dire?"
"Se fosse rimasta legata dov'era, entro cinque, dieci o quindici giorni, senza un boccone da mangiare, sarebbe morta di fame e avrebbe avuto almeno la consolazione di raggiungere gli antenati con il suo corpo integro. Seguendo voi - che l'avete salvata, come dite - dovrà correre con i suoi piedini dietro il vostro cavallo e dietro a noi, che filiamo come il vento. Finiremo per perderla e se la mangerà il lupo. Che guadagno ci avrà fatto?"
"Questo è vero. Come dobbiamo fare, secondo te?"
"Perché non la fate salire sul cavallo e non ve la prendete in braccio?"
Tripitaka rifletté: "No, non possiamo stare insieme sulla stessa cavalcatura. La potrebbe portare Porcellino."
Scimmiotto scoppiò a ridere: "Che bella fortuna per il nostro bestione!"
Porcellino osservò: "Nessun peso è leggero, se la strada è lunga. Che fortuna sarebbe, portare una persona sulle spalle?"
"Quando l'avrai addosso, le rivolgerai quel tuo grugno lungo come un trombone, sussurrerai una parolina dolce e sarà già una serenata."
Porcellino si lasciò andare a pestare i piedi e battersi il petto: "Non ne posso più! Maestro, preferisco essere bastonato. Meglio le botte che i lazzi del condiscepolo anziano: se mi carico in spalla quella ragazza, non farà che tormentarmi finché non l'avrò messa giù."
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