Wu Cheng'en
VIAGGIO IN OCCIDENTE


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     "Ho capito" disse Tripitaka. "Ho gambe anch'io: scenderò da cavallo e proseguirò a piedi. Vorrà dire che procederemo più lentamente. Porcellino prenderà le redini."
     "Non c'è verso: oggi è giorno di buoni affari per il nostro bestione" rise Scimmiotto. "Il maestro si preoccupa di affidare a te il moccolo da reggere."
     "Fammi il piacere di tenere per te i tuoi farnetichi. Dicevano gli antichi: il cavallo fa mille leghe, ma qualcuno deve guidarlo. Scendiamo pian piano la montagna con questa giovane pusa, che così non si perderà per via. Quando giungeremo a un monastero buddista o a un tempio taoista, o comunque a un abitato, ce la lasceremo e avremo compiuto la nostra missione di salvataggio."
     "Va bene, è un'idea sensata" approvò finalmente Scimmiotto. "Non perdiamo altro tempo, e andiamo avanti."

     Tripitaka marciava in testa, Sabbioso seguiva con i bagagli, Porcellino reggeva le briglie del cavallo e Scimmiotto chiudeva il convoglio conducendo la ragazza. Percorsa una ventina di li, mentre scendeva la sera, videro un complesso di torri, terrazze e padiglioni.
     "Discepoli" disse Tripitaka, "buddisti o taoisti che siano gli edifici, chiederemo ospitalità per la notte e ripartiremo domattina. Aspettate qui, mentre vado a chiedere: se va tutto liscio, vi chiamerò."
     I discepoli e la ragazza si fermarono ai piedi di un salice, mentre il reverendo si accostava al portale. Vide subito che era cadente; il muro pendeva pericolosamente da una parte. Mentre spingeva il battente roso dal tempo, fu preso dalla malinconia del luogo: porticati deserti dalle tettoie sfondate, il vecchio tempio desolato, i cortili coperti di muschio, i sentieri cancellati dalle erbacce. L'unica luce proveniva dalle lucciole, l'unico rumore di vita dalle rane che gracidavano.


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