"Va da sé. Appena lo avrò fra le mani, lo eliminerò."
Ed ecco che si scrolla di dosso la noia di tre giorni di inattività, affida il maestro a Porcellino e Sabbioso, ed esce giubilante dalla camera.
Il cielo era pieno di stelle, ma la luna non si era ancora levata; perciò la grande sala consacrata al Buddha era immersa nell'oscurità. Scimmiotto accese una lampada di cristallo con fuoco di verità, tratto dal suo corpo, batté il tamburo e suonò la campana. Poi, con una scossa, si mutò in un piccolo lama di dodici o tredici anni, con la camicia di tela bianca e la tonaca di seta gialla. Salmodiava sutra e percuoteva il pesce di legno. Finì la prima veglia senza che accadesse nulla. Durante la seconda veglia, quando salì in cielo una falce di luna, si levò il vento. E che vento!
Porta con sé nera nebbia e cupe nuvole: come una macchia d'inchiostro che dilaghi ai quattro orizzonti, o una gigantesca pennellata di pittura color indaco che copra il quadro.
Solleva polvere e abbatte alberi. Vola la polvere a velare lo scintillio delle stelle, si schiantano gli alberi nell'oscurità dell'eclisse di luna. Il soffio è così forte che Chang'e deve proteggere l'albero di sâla, mentre la lepre di giada gira in tondo impazzita e non riesce a ritrovare la sua ciotola. Gli ufficiali dei nove luminari devono serrare le imposte, i draghi dei quattro mari si barricano in casa.
Il dio delle mura e dei fossati dà per dispersi i diavoletti suoi assistenti. Nel palazzo infernale Yama non trova più il fido accolito col muso di cavallo. I giudici corrono da tutte le parti, inseguendo i loro berretti in volo.
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