Si è raccontato come Tripitaka fosse riuscito a difendere il suo yang primordiale dalle amare insidie di brume e fiori della femminilità, e a continuare il suo viaggio verso Occidente con la guida di Scimmiotto. Ritornava l'estate, il tempo in cui caldi e umidi venti subentrano agli acquazzoni della stagione dei susini.
Le fronde fitte dànno un'ombra fresca
Sotto cui gli uccellini si riparano.
Nuove ninfee ricoprono lo stagno,
Il bambù che ha mutato le sue foglie
Riprende slancio. Cresce l'erba verde
Sotto il gran cielo blu. Sulle montagne
Il tappeto fiorito si rinnova.
Ai bordi del ruscello drizza spade
Il giuncheto; le rosse melagrane
Ardon qua e là nel quadro colorato.
Mentre i quattro pellegrini marciavano nell'intensa calura, sbucò dai grandi salici che fiancheggiavano la strada una vecchia che teneva un bambino per mano, e venne loro incontro. Gridò al monaco cinese: "Fermati, bonzo! Volgi indietro il tuo cavallo e ritorna da dove vieni. Se tu proseguissi, cadresti in una trappola mortale."
Tripitaka, spaventato, balzò a terra, giunse le mani e chiese: "Cara pusa, gli antichi non dicevano forse che il mare è abbastanza grande perché ogni pesce possa nuotare a suo piacere? Quale trappola nasconde la strada dell'Ovest?"
"Fra cinque o sei li, giungereste nel Regno di Distruzione della Legge. Il re di quel paese avrà accumulato in qualche vita anteriore un bel fardello di odio e violenza, a giudicare dai crimini ingiustificati che sta commettendo contro i buddisti. Figuratevi che due anni fa ha fatto voto di sterminare diecimila bonzi; e vi si è applicato con tanta determinazione, che a questo punto ne ha già uccisi novemila novecento novantasei. Finora ci hanno perso la vita monaci sconosciuti e poveracci; chissà come sarebbe contento, il sovrano, di completare il numero con quattro persone di miglior livello! Se andate a mettervi nelle sue mani, diventerete presto dei pii fantasmi."
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