Tripitaka non se lo fece ripetere. Tutta la compagnia trovò rifugio in un fossato lontano dalla strada.
"Fratelli" raccomandò Scimmiotto, "voi restate qui di guardia al maestro. Io vado a dare un'occhiata in città: può darsi che troviamo modo di prendere il largo di nascosto durante la notte."
"Discepolo" ammonì Tripitaka, "non scherziamo con la legge del re, che è rigorosa e spietata: devi stare attento."
"Niente paura, ci so fare" replicò ridendo Scimmiotto.
E balzò via nello spazio con un sibilo. Strano, però:
Non c'era fune che lo sollevasse,
Non c'era canna che lo sostenesse,
E dopo tutto era di carne ed ossa.
Si vede che quelle ossa eran leggere.
Dall'alto guardò giù. Il cielo incupiva; nelle strade della città, di aspetto vivace e allegro, si accendevano le luci. "Che bel posto! Come sarà saltato il ticchio al re di prendersela con i bonzi?"
Lanterne brillano ai crocicchi, da torri e pagode suonano le campane e salgono volute d'incenso. Sorgono in cielo sette stelle luminose. I viaggiatori delle otto direzioni cercano sistemazione per la notte. Nelle sei guarnigioni le scolte soffiano nel corno. Sulla torre delle cinque veglie l'acqua della clessidra incomincia a cadere, a goccia a goccia, nel vaso di bronzo. Ai quattro lati sale la nebbia, e fredda invade i tre mercati. Mogli e mariti, in coppie, abbassano le tendine ricamate. Sorge ad est, solitario, il magico disco lunare.
"Se mi faccio vedere in giro con la mia zucca pelata, mi riconosceranno subito per bonzo. Sarà meglio che mi trasformi." E con un incantesimo si trasformò in falena, la farfalla notturna che spesso viene a cozzare contro le nostre lampade.
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