Wu Cheng'en
VIAGGIO IN OCCIDENTE


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     Il locandiere si dedicò alle operazioni serali: uscì a spegnere e staccare dal gancio la lanterna che illuminava l'insegna, chiuse porte e finestre, abbassò le tende; poi rientrò nella camera, si spogliò e si mise a letto. La moglie portò i figli, due fanciulli chiacchierini che non mostravano nessuna voglia di dormire; perciò lei sedette in un angolo a rammendare panni a lume di candela.
     L'irrequieto Scimmiotto, che ronzava intorno agli indumenti, alla fine si spazientì. Volò d'impeto sulla fiamma della candela e la spense:

     Rischia la propria vita tra le fiamme
     E si strina i capelli sulle tempie,
     Cercando disperato la salvezza.

     Nel buio si trasformò in topo, afferrò abiti e turbanti e se li portò via squittendo.
     "Marito!" gridava la donna spaventata. "C'è in giro uno spirito malefico in forma di topo!"

     Scimmiotto si sentì in dovere di chiarire l'equivoco, e gridò: "Wang, non ascoltare le sciocchezze che dice tua moglie. Non sono uno spirito malefico: appartengo alla luce, e non sarei capace di tramare azioni oscure. Sono il Grande Santo Uguale al Cielo, disceso in terra per proteggere il monaco cinese che va in cerca delle scritture nel Paradiso dell'Ovest. Sono venuto a sapere dei decreti disumani del vostro re e, per sfuggirli, ho preso in prestito questi abiti con cui rivestirò il mio maestro. Ma quando saremo usciti dalla città, restituirò tutto."
     Il povero Wang si rizzò a sedere frastornato, balzò dal letto e cercò di infilarsi i pantaloni; ma poiché, nel buio, trovò soltanto la camicia e cercò d'infilare la gamba sinistra nella manica destra, Scimmiotto lo lasciò in mezzo alle difficoltà.


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