"Mamma, gli possiamo procurare tutto il buio che vogliono, e senza correnti d'aria."
"E come?"
"Ricordi quel cassone gigantesco che aveva costruito il povero babbo? Sarà largo almeno quattro piedi, lungo sette e alto tre. Ci potrebbero dormire sette od otto persone: chiudili là dentro."
"Sentiamo se a loro sta bene."
"Signor Scimmiotti, il nostro umile esercizio è un guscio di lumaca privo di angoli bui; ma se volete, abbiamo una grande cassa che non lascia passare né aria né luce. Volete provarla?"
"È proprio quello che ci vuole" rispose Scimmiotto.
Dunque i lavoranti della tenuta portarono la cassa e aprirono il coperchio. Mentre il maestro e Scimmiotto osservavano l'interno a lume di lucerna, Porcellino ci si lasciò cadere per primo senza tanti complimenti. Sabbioso vi depose prima i bagagli, e poi aiutò il maestro a entrarvi.
"Dov'è il nostro cavallo?" chiese Scimmiotto.
"L'abbiamo messo nella stalla, mangia il suo fieno" rispose un garzone.
"Portatelo qui con la mangiatoia, e legatelo accanto alla cassa."
Quando furono entrati tutti e quattro, chiamò la signora Zhao: "Adesso chiudete il coperchio e serrate il lucchetto. Verificate bene: se ci sono fessure, turatele con la carta. Domattina di buon'ora veniteci a dare la sveglia."
"Quante precauzioni!" commentò la vedova. E tutti se ne andarono a dormire.
I quattro poveretti dentro la cassa correvano il rischio di soffocare. Erano ammucchiati l'uno sull'altro, mancava l'aria e per giunta non erano abituati a portare i turbanti. Finirono per toglierli, in quel caldo soffocante, poi per levarsi tutti i panni, e provarono ad agitarli per farsi vento. Comunque, alla seconda veglia, finirono per addormentarsi; salvo Scimmiotto, che non poteva prender sonno e si sentiva d'umore attaccabrighe.
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