"Piangere non serve a niente" osservò Porcellino. "Il maestro è rimasto qui sulla montagna, non può essere lontano; cerchiamolo."
Si misero dunque a battere la montagna. In capo a una ventina di li, scopersero una residenza trogloditica che si apriva ai piedi di una rupe a picco.
Le rocce tormentate sono nel cono d'ombra di picchi aguzzi. Nel prato dall'erba di diaspro costellata di fiori crescono il mandorlo rosso e il pesco verde. L'albero antico, dalla scorza levigata dal tempo e dalle piogge, misura quaranta spanne di diametro. I pini azzurri svettano nel cielo.
Coppie di gru vengono qui a danzare nella brezza; i fagiani si posano sui rami e si chiamano. Liane gialle pendono come corde; interi filari di umidi salici sembrano colare oro.
In un profondo bacino contro la parete della montagna si raccolgono le acque; vi si nasconde un drago non ancora esperto di trasformazioni. Nell'oscura grotta vive da molti anni un orco che si pasce di carne umana. Il luogo è degno degli dèi, ogni alito di pensiero si traduce nelle cose.
Scimmiotto esaminò accuratamente l'ingresso dell'antro, che era ermeticamente serrato e recava un'iscrizione incisa nella pietra con otto grandi caratteri:
GROTTA DEGLI ANELLI,
NEL MONTE DEL PICCO SPEZZATO DELLA CATENA SPANDINEBBIA
Scimmiotto concluse: "L'orco abita qui, e si è certo portato in casa il nostro maestro. Attacchiamolo!"
Il bestione levò alto il rastrello e menò un colpo da aprire nella roccia un gran buco. Gridava: "Rendici il nostro maestro prima che sia troppo tardi, se non vuoi che ti sfondi la porta e la faccia pagar cara a tutti i tuoi."
|