A vederlo venire da lontano, Porcellino sghignazzava: "Si vede che il condiscepolo è un facchino inesperto. Non sa equilibrare il carico e lo porta tutto da una parte."
Quando Scimmiotto posò il fardello ai suoi piedi, Porcellino levò il rastrello per colpire, ma Scimmiotto lo fermò: "Aspetta. La grotta è piena di mostriciattoli da sistemare."
"Portami anche quelli; te li sistemo io."
"Non perdiamo tempo inutilmente. Basta raccogliere legna e dar fuoco a tutto."
Il boscaiolo li guidò in cerca di bambù spezzati, rami morti di pino, vecchi tronchi cavi di salice, liane cadute, artemisie appassite, rovi secchi, giunchi morti. Ammucchiarono nella grotta tutta quella legna e le diedero fuoco, mentre Porcellino agitava le orecchie a mo' di ventola. Il grande santo, prima di uscire, non trascurò di ricuperare i peli che aveva trasformato in insetti del sonno.
I poveri mostriciattoli ebbero un pessimo risveglio in mezzo al fuoco ruggente; ben pochi riuscirono a sfuggire al rogo. La residenza trogloditica fu completamente devastata.
Quando i discepoli ritornarono dal maestro, l'orco si era risvegliato e Porcellino lo spedì all'altro mondo senza complimenti con un colpo di rastrello. La creatura riprese la sua forma originaria: era un grande leopardo, con le macchie della pelliccia a forma di foglie di artemisia.
"Il leopardo maculato può divorare una tigre" commentò Scimmiotto. "Meno male che lo abbiamo abbattuto: chissà quante altre vittime avrebbe colpito."
Dopo che il reverendo ebbe manifestato la sua gratitudine, si rimisero in cammino. Il boscaiolo propose: "La mia capanna è verso sud ovest, non lontano da qui. Potreste far visita alla mia vecchia madre e ricevere i suoi ringraziamenti. Poi vi guiderei alla strada maestra."
|