Il governatore batté la fronte a terra e giurò di rifugiarsi nel Buddha, nella Legge e nella Comunità. Convocò subito preti e monaci, e fece rizzare un altare; durante una cerimonia che durò tre giorni furono scritte e inviate in cielo infinite suppliche.
Il governatore in persona guidava i fedeli nella preghiera, bruciando bastoncini d'incenso. Invocava Cielo e Terra, e si accusava dei suoi peccati. Tripitaka partecipava alla cerimonia leggendo sutra.
Avvisi urgenti diffusero a tutte le famiglie, di qualunque strato sociale, l'ordine di bruciare incenso e di pregare il Buddha. Quando si udì salire da tutta la città il brusio ininterrotto delle preghiere, Scimmiotto si rivolse a Porcellino e Sabbioso: "Badate voi al maestro; io faccio un'altra scappata lassù."
"Che cosa vuoi fare, fratello?" chiese Porcellino.
"Mi pare che il governatore ce la stia mettendo tutta. Torno dall'Imperatore di Giada per supplicarlo di nuovo."
"Sbrigati" concluse Sabbioso. "Porta a buon fine la tua incombenza, in modo che possiamo riprendere il viaggio."
Quando Scimmiotto giunse alla porta del Cielo, il re celeste gli chiese: "Ancora qui?"
"Quel governatore si è convertito."
Proprio in quel momento giunse il messaggero che recava testi taoisti e rescritti buddisti compilati a Fengxian come suppliche. Egli si complimentò con il grande santo: "Il merito di queste buone intenzioni è tutto dei vostri incitamenti al bene."
"Dove porti le carte?"
"Nella Sala della Penetrante Chiarezza, perché i precettori celesti le sottopongano all'attenzione dell'imperatore di Giada."
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