"Non erano dèi o immortali: erano i brutti discepoli di quel monaco in cerca di scritture. Le loro armi preferite sono uguali alle nostre, perciò abbiamo chiesto loro una dimostrazione. Le luci che avete visto venivano dalle loro esibizioni. Non avevamo mai assistito a niente di tanto meraviglioso. Ci piacerebbe averli come maestri e imparare le loro tecniche: ci sarebbero utili per difendere il paese, e ne acquisteremmo meriti senza pari. Che cosa ne pensate?"
Il principe diede il suo consenso. I pellegrini, che si preparavano a ripartire, si videro comparire davanti i ragazzi e il padre, che si inchinarono profondamente. Il reverendo fu preso dal panico e si gettò nella polvere; i suoi discepoli si tennero da parte. Il principe li invitò tutti nella residenza privata a bere il tè.
Quando si furono seduti, prese la parola il principe: "Maestro, vorrei pregarvi di una cosa, ma non so se i vostri eminenti discepoli acconsentiranno."
"Siamo tutti agli ordini di vostra altezza; i miei umili discepoli non vi negheranno nulla."
"Devo scusarmi con voi per aver creduto, incontrandovi, che foste dei semplici monaci mendicanti venuti dal lontano paese dei Tang. I miei occhi mortali non hanno visto altro e, senza volerlo, vi ho mancato di rispetto. Ma ora che abbiamo ammirato nel cielo le danze guerriere di mastro Scimmiotto, mastro Porcellino e mastro Sabbioso, sappiamo che siete buddha e immortali. I miei figli ne sono rimasti incantati. Hanno una vera passione per le arti marziali e aspirerebbero, con il massimo rispetto e devozione, ad apprendere i rudimenti di quest'arte. Spero che i reverendi abbiano la magnanimità di insegnar loro qualcosa. Dimostreremo la nostra gratitudine facendovi ponti d'oro."
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