Il venerabile celeste ordinò subito a uno dei suoi capitani di convocare lo schiavo che custodiva la gabbia del leone, per interrogarlo. Lo trovarono profondamente addormentato, e dovettero scuoterlo per un bel pezzo prima che si svegliasse. Lo trascinarono quindi davanti al venerabile, che gli chiese: "Dov'è la bestia?"
Lo schiavo piangeva e non sapeva dire altro che: "Grazia! Grazia!"
"Non sarai battuto in presenza di estranei. Ma sarà meglio per te che mi spieghi come mai hai lasciato scappare il leone a nove teste."
"Padre, l'altro giorno ho visto una bottiglia nella Sala di Dolce Rugiada del Gran Chiliocosmo. L'ho sgraffignata e me la sono bevuta. Non ricordo altro: devo essermi ridotto ubriaco fradicio, e non avrò legato bene il leone."
"È vino che mi ha mandato in omaggio Laozi; si chiama 'nettare di diaspro della trasmigrazione'. A berlo, provoca una sbronza che dura tre giorni. Da quanto tempo è scappata la bestia?"
"Secondo il tudi" rispose Scimmiotto, "è scesa sulla terra due anni fa, cioè da un paio di giorni celesti."
"È andata certo così" disse ridendo il venerabile. "Tu alzati, ti perdono. Ma devi accompagnare me e il grande santo nel mondo di Sotto per ricuperare la bestia. Voialtri andate pure, non ho bisogno di voi."
Il reverendo celeste scese dunque sul Monte dei Nodi di Bambù con il grande santo e lo schiavo. I rivelatori dei cinque orienti e le altre divinità vennero a inginocchiarsi per salutarlo.
"È accaduto qualcosa di male al maestro, durante la mia assenza?" chiese Scimmiotto.
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