MONASTERO DELLE NUBI DELLA COMPASSIONE
"È quello che ci vuole per noi!" esclamò Scimmiotto. Vi entrarono e videro
le torri magnificamente decorate, alto trono prezioso. Il padiglione del Buddha sfiora le nuvole, le celle dei monaci sono illuminate dalla luna. Intorno allo stupa aleggia una bruma colorata, i mulini da preghiera sono collocati sotto l'ombra smeraldina degli alberi.
Autentica terra pura e falso palazzo del drago: nubi di porpora coronano la Sala del Grande Eroe. Il passeggio nei porticati non ha sosta, e la pagoda è sempre aperta a chi la vuole ascendere. I bruciaprofumi ardono incenso senza tregua, le lampade brillano ogni notte sull'altare.
Quando suona la campana d'oro del superiore, i monaci rispondono salmodiando sutra.
Mentre i quattro pellegrini si guardavano intorno, un monaco che proveniva da uno dei porticati venne loro incontro; salutò Tripitaka e chiese: "Da dove venite, reverendo?"
"Il vostro discepolo viene dalla Cina, dalla corte dei Tang."
Il bonzo si inchinò fino a terra e Tripitaka si affrettò a rialzarlo: "Perché tanti riguardi, caro abate?"
"Siamo gente rivolta al bene e preghiamo sempre per la salvezza della Cina. Dal vostro aspetto e dal vostro vestito, ho intuito che dovete avere alle spalle una lunga ascesi nelle vostre vite anteriori. Perciò mi sono inchinato rispettosamente."
"Voi mi confondete" esclamò sorridendo Tripitaka. "Non sono altro che un monaco mendicante senza pretese. Siete voi a godere la benedizione di un'esistenza libera e gradevole."
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