"Fratelli, dove siete?"
Porcellino e Sabbioso gli vennero incontro levando rastrello e bastone: "Come vanno le cose?" E Scimmiotto riferì per filo e per segno.
Tripitaka fu rimesso ai ferri. Sciabole in pugno, asce levate, sotto la luce abbagliante delle lampade, gli fecero l'interrogatorio: "Come hai fatto a liberarti dalle catene? Come è entrata quella scimmia? Confessa tutto, o ti tagliamo in due."
Il reverendo tremava come una foglia: "Grandi re, la scimmia è il mio discepolo Consapevole del Vuoto, che conosce settantadue trasformazioni. Si era mutato in lucciola per venire a soccorrermi. Ma voi stavate all'erta e l'avete sorpreso; allora ha sconsideratamente ucciso due di quelli che lo circondavano. Tutti gridavano, correvano, impugnavano le armi, accendevano torce, e lui ha dovuto abbandonarmi e fuggire."
Gli orchi si misero a ridere: "Per fortuna ci siamo svegliati in tempo per riacchiapparti." E ordinarono ai ragazzi di chiuder bene le porte e di tenersi zitti.
"Hanno chiuso le porte, non si sente volare una mosca" s'inquietò Sabbioso. "Non è buon segno. Dobbiamo entrare in azione."
"D'accordo" rispose Scimmiotto. "Buttiamo giù i battenti."
Se ne incaricò il bestione: con un colpo del suo rastrello fece volare in pezzi le porte di pietra. Picchiava e gridava: "Mostri da strada, succialucerne! Sputate fuori il nostro maestro!"
Il portinaio terrorizzato corse a riferire: "Grandi re, si mette male! I bonzi hanno sfondato la porta."
"Che impudenti!" dissero gli orchi, contrariati. Indossarono le armature, impugnarono le armi, chiamarono a raccolta i loro mostriciattoli e uscirono ad affrontare il nemico. Era la terza veglia, verso mezzanotte; ma il cielo era rischiarato da una gran luna piena.
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