Non restò loro che rivolgersi al cielo e pregare. La notizia si sparse in città. Le grandi famiglie furono invitate a preparare i sacrifici di cinque specie di fiori e di frutti, per presentarli come resa di grazie nel santuario dedicato ai vivi.
Intanto il monaco cinese e i suoi compagni procedevano per la loro strada, nutrendosi di vento e dormendo in riva all'acqua, senza incidenti da segnalare. Camminarono così per sei mesi, finché giunsero in vista di un'alta montagna. Tripitaka si allarmò: "Attenti, discepoli! Guardate com'è ripida quella montagna!"
"Ci avviciniamo al territorio del Buddha" replicò sorridendo Scimmiotto. "Non dovremmo più trovar mostri. Rilassatevi, maestro."
"Ci avviciniamo; ma chissà quanta strada resterà da percorrere. Ricordate che quei monaci ci avevano detto che occorrevano duemila li solo per giungere alla capitale dell'India?"
Scimmiottò rispose: "Voi dimenticate il sutra del Cuore del Maestro del Nido dei Corvi."
"Sento sempre su di me il sutra della prajñâ, come la mia veste o la mia ciotola delle elemosine. Come potrei dimenticare una preghiera che ripeto ogni giorno e che posso recitare anche alla rovescia?"
"Certo, lo recitate dritto e rovescio, ma non sapete che cosa significa."
"Scimmia zuccona! Come ti permetti di dire una cosa simile? Io non capirei quello che dico? E tu, magari, capisci meglio di me?"
"Certo che capisco, e sono in grado di spiegare."
E continuarono a camminare in silenzio.
Sabbioso si divertiva e Porcellino si piegava in due dal gran ridere: "Che sbruffone! D'origine è una bestia perversa come noi; l'han preso dalla strada per farne un monaco, come noi. Di scuole regolari per imparare la Legge, non ne hai mai seguite; non ha fatto nemmeno il sagrestano, tanto per orecchiare la spiegazione di qualche sutra. Ma fa la commedia del gran dottore: lui capisce e spiega. E allora non stare zitto, spiega! Siamo qui ad aspettare."
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