Nella piazza scoppiò un parapiglia indescrivibile, perché tutti si gettavano avanti nella speranza di impadronirsi della palla. Scimmiotto ringhiò e mostrò i denti; quindi, torcendo le reni, si diede una statura di tre tese e fece smorfie così spaventose che la gente cadeva a terra dallo spavento. In un istante la piazza si vuotò, come d'incanto, e Scimmiotto riprese la sua statura normale.
Le dame e le fanciulle del palazzo, con gli eunuchi giovani e vecchi, uscirono a inchinarsi davanti al monaco cinese: "Vogliate venire a corte, vostro onore, a ricevere le debite felicitazioni."
Tripitaka, mentre si sforzava di rendere loro il saluto e di tendere la mano per sollevarle, si rivolgeva risentito a Scimmiotto: "Hai visto, brutta scimmia zuccona, che bel tiro mi hai giocato?"
"Perché ve la prendete con me?" rise il Novizio. "La palla in testa non ve l'ho tirata io."
"Adesso che cosa facciamo?"
"Maestro, conservate la calma. Vi porteranno a corte dal sovrano, e io ritornerò in albergo, da Porcellino e da Sabbioso. Può darsi che la principessa non insista per sposarvi; in questo caso farete vistare il passaporto e ce ne andremo. In caso contrario, direte al re: "Fate chiamare i miei discepoli; devo dar loro le ultime istruzioni." Allora verrò, e sarò pur capace di distinguere il vero dal falso. Userò lo stratagemma detto distruggere il mostro con il matrimonio."
Tripitaka, d'altronde, non aveva scelta. Mentre il Novizio se ne andava, le dame lo circondarono e lo spinsero verso la principessa, che era scesa ai piedi della torre. Essa lo prese con la sua manina di giada e lo guidò al carro reale, che si mosse verso il palazzo seguito da un grande corteo.
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