Wu Cheng'en
VIAGGIO IN OCCIDENTE


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     Essa si prosternò: "Padre mio, come dice il proverbio: sposi il gallo, e vai col gallo; sposi il cane, e vai col cane. Mentre ricamavo la palla, ho giurato solennemente che avrei sposato qualunque persona avesse colpito. Se è toccata al santo monaco, vuol dire che così era destinato dalle nostre esistenze anteriori. Come potrei discutere un'unione voluta dal destino? Lo accetto come genero reale."
     Il re prese le sue disposizioni: incaricò il presidente del collegio astrologico di fissare il giorno del matrimonio, fece preparare il corredo ed emanò il proclama che dava la grande notizia a tutto il mondo. Ma Tripitaka, invece di mostrarsi contento, non faceva che implorare: "Scusatemi tanto! Lasciatemi libero!"
     "Questo bonzo è proprio stupido" si indignò il re. "Si vede offrire le ricchezze del nostro regno e la posizione di genero reale, e invece di rallegrarsene continua a perdere la testa dietro ai suoi maledetti sutra. Se continua a rifiutare, chiamo le guardie in divisa di broccato e gli faccio tagliare la testa."

     Il reverendo inorridì e si sentì svenire. Si prosternò tremando come una foglia e balbettò: "Sono riconoscente a vostra maestà della grazia celeste che mi concede. Ma ho tre discepoli che mi aspettano, e non ho potuto avere alcun contatto con loro, né dare le istruzioni necessarie. Vi supplico di convocarli, di vistare i documenti e di lasciare che loro portino a termine la nostra spedizione."
     Il re chiese: "E dove sarebbero, questi discepoli?"
     "Alla stazione postale."


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