"Non te ne intendi, moraccio. Sono brutto, ma ho anch'io il mio fascino. Come dicevano gli antichi: Pelle dura, ma ossa solide; ce n'è per tutti i gusti."
"Zitto, bestia!" tagliò corto Scimmiotto. "Tieni i bagagli a portata di mano. Il maestro è in preda al panico, e ci farà chiamare da un momento all'altro: dobbiamo tenerci pronti a intervenire."
"Intervenire dove?" obiettò Porcellino. "Non gli serve più che ci azzuffiamo per lui con i mostri sulle montagne. Ormai se ne sta al caldo nella corte reale. Alla sua età, non avrà certo bisogno di te per farsi spiegare che cosa si fa sotto le coperte."
Scimmiotto lo prese per le orecchie: "Brutto sporcaccione che pensa solo a queste cose! Che cos'hai da ridire sul maestro?"
Mentre bisticciavano, il mastro di posta venne ad annunciare: "Un ufficiale è venuto a portarvi il sacro decreto di invito a corte di sua maestà."
"Perché siamo invitati?" domandò Porcellino.
"Perché il reverendo ha avuto la fortuna di essere prescelto come genero reale."
"Fate entrare il messaggero" disse Scimmiotto.
Quando l'ufficiale li vide restò senza parola, chiedendosi se fossero diavoli o yaksa.
"Ehi ufficiale!" lo incitò Scimmiotto. "Hai perduto la parola?"
Il poveretto mostrò tremando il decreto reale e balbettò: "La principessa invita i suoi parenti... Sono i parenti della mia principessa che vi invitano..."
"Guàrdati intorno: qui non ci sono strumenti di tortura; e nessuno pensa di metterti le mani addosso. Non farfugliare, parla lentamente. Non ti spaventare" gli disse Porcellino.
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