Ci riempie di energia
Il tempo luminoso!
Lo stagno si ricopre
Di ninfee. Le susine
Sono mature; il grano
Assume color d'oro.
Nella chioma del salice
Stanno uccelli a convegno;
I piccoli fagiani
Strillano d'allegria.
Ed il sole potente
Dà rilievo a ogni cosa.
Scalavano pendii, guadavano torrenti; all'alba mangiavano un boccone, la sera cercavano riparo. Dopo quindici giorni di marcia su strada agevole, videro una città.
"Discepoli, come si chiamerà?" chiese Tripitaka.
"Non lo so" rispose il Novizio.
"Che cosa stai tramando?" insinuò Porcellino. "Tu sei già venuto da queste parti. Se fingi di non saperne niente, vuol dire che stai architettando qualche brutto tiro."
"Bestia senza giudizio! Si capisce che sono passato di qui più volte, ma sempre volando ad alta quota. Lassù non avevo né motivo né tempo di curiosare nel paesaggio sottostante. Ecco perché non so come si chiama la città."
Chiacchierando erano giunti davanti alle porte; Tripitaka scese da cavallo, passarono il ponte levatoio e si inoltrarono nelle strade. Sotto i portici stavano seduti due vecchi in conversazione.
"Discepoli" disse Tripitaka, "restate qui e cercate di non attirare l'attenzione. Io chiederò informazioni a quei vecchi."
Infatti si avvicinò e giunse le mani: "Cari donatori, l'umile monaco che vedete vi saluta."
I due si stavano scambiando considerazioni sui casi della fortuna, sui saggi e sui matti, sul tempo che aveva cancellato ogni traccia di tanti fatti importanti ed eroiche imprese di una volta. Sentendosi interpellare, resero il saluto e domandarono: "Che cosa desiderate, reverendo?"
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