"Ma che cosa dici!" rispose Sabbioso ridendo. "Dice il proverbio: Il sapore più raffinato non riempie la pancia meglio del riso bollito. Quando avrai mangiato, sarà finita lì; la pancia non conserva provviste."
"Non te ne intendi. Quando io ho mangiato proprio a sazietà, non sento più fame per tre giorni."
"Bestione mio" esortò Sabbioso, "non fartela scoppiare, quella pancia. Sai che la strada ci aspetta."
Chiacchierando e mangiando, il sole saliva verso lo zenit. Tripitaka depose le bacchette e recitò un sutra per concludere il pasto. Porcellino, per paura di trovarsi a corto di risorse, non si alzò da tavola prima di aver fatto scomparire le cinque o sei ciotole di riso di riserva, vuotando ogni ciotola in un boccone, e si riempì le maniche di pani, gallette, timballi e dolciumi. Il reverendo ringraziò l'ospite e i suoi invitati, e si avviò all'uscita. Davanti alla porta, gli stendardi erano allineati intorno a un prezioso baldacchino con accompagnamento di musica. Monaci e preti arrivarono in quel momento. Il signor Kou disse loro sorridendo: "Mi dispiace, amici miei; voi arrivate tardi e il maestro ha una gran fretta di partire. Per ora non posso offrirvi nulla; ma al ritorno vi esprimerò la mia gratitudine."
La folla si aprì per lasciar passare i quattro pellegrini. A piedi, a cavallo o in palanchino, tutti cedevano loro il passo. Fra il baccano della banda, che faceva vibrare il cielo, e lo spiegamento di stendardi, da nascondere il sole, una folla immensa si accalcava per vedere il signor Kou che accompagnava il monaco cinese. Un tale dispiegamento di ricchezze superava palizzate di giada e perle, non la cedeva in nulla a tende di broccato che coprono la primavera.
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