Wu Cheng'en
VIAGGIO IN OCCIDENTE


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     "Dunque siete dei briganti da strada" considerò Scimmiotto con un sorriso radioso.
     "Accoppa! Accoppa!" ruggirono i briganti incolleriti.
     "Grandi re!" rispose Scimmiotto, fingendosi spaventato. "Sono un povero bonzo di campagna e non mi so esprimere bene; portate pazienza, se vi ho offeso. Se volete il pedaggio, è inutile che vi rivolgiate a quei tre là: dovete chiederlo a me, perché sono io che tengo i conti. I soldi per i sutra che recitiamo, oboli, elemosine e regalie, tutto ciò che entra nel sacco passa per le mie mani e viene segnato nel mio registro. Quello che vedete sul cavallo è il nostro maestro: ha dimenticato piaceri e dispiaceri dei sensi, recita sutra e non sa nient'altro. È completamente in bolletta. Il moro che vedete l'ho ingaggiato perché s'intende di cavalli; quello con il grugno lungo è un facchino. Lasciateli perdere: è tutta gente che non può darvi soddisfazione. Provvederò io a regalarvi i nostri bagagli, compresi ciotola e vestiti."

     I banditi confabularono: "Il bonzo sembra una persona sensata." "Va bene, per questa volta non ti ammazziamo. Fagli mettere giù i bagagli, e che se ne vadano pure."
     Scimmiotto si volse ai suoi e strizzò l'occhio. Sabbioso lasciò cadere le sacche, prese il cavallo per la briglia e si incamminò seguito da Porcellino.
     Il Novizio si chinò, come per aprire le sacche, raccolse una manciata di terra e la gettò in aria. Quindi gridò: "Ferma!" E i trenta componenti della banda restarono immobilizzati come pali, con le bocche aperte, gli occhi spalancati, le mani a mezz'aria, senza poter fare un movimento né dire una parola. Scimmiotto urlò: "Maestro, ritornate qui!"


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