Bisogna sapere che la consegna dei sutra era stata osservata di nascosto dal buddha del Passato Dîpamkara, che se ne stava zitto in un angolo; egli aveva capito benissimo che Ânanda e Kâsyapa avevano imbrogliato i pellegrini, consegnando loro dei rotoli senza alcuna traccia di scrittura. Ridacchiò fra sé e si disse: "Questi tapini non si rendono conto che hanno fatto un viaggio tanto lungo per farsi regalare sutra non scritti. Non ne caveranno niente, e le loro fatiche saranno state inutili."
"Chi è di servizio oggi?" chiese. Si fece avanti Eroe Bianco, e il buddha del Passato gli diede queste istruzioni: "Raggiungi il monaco cinese a tutta velocità e vedi di sottrargli quei rotoli bianchi, perché ritorni qui a chiederne altri su cui sia scritto qualcosa."
Eroe Bianco montò a cavallo di un temporale e si slanciò giù per la montagna, con gran dispiegamento di potenza divina. Che vento!
Un valoroso alla corte del Buddha non è un qualsiasi dio del vento: sarebbe come paragonare il potente grido di un immortale con gli strilli di una ragazzina.
Il temporale solleva mari e fiumi, strappa draghi e pesci dai loro rifugi. Il gibbone nero resta a mani vuote, e non può presentare la sua offerta di frutti; la gru, presa nel turbine di vento, smarrisce la strada del suo nido. La voce melodiosa della fenice rossa arrochisce, il fagiano lancia strida disperate.
Si spezzano i rami dei pini, volano via i fiori di utpala. Si rovesciano i bambù smeraldo, freme il loto d'oro. Il suono delle campane viene rapito a tremila leghe di distanza, la salmodia dei sutra sorvola i profondi abissi. Ai piedi della rupe, i fiori rari scolorano, i teneri getti dell'erba di diaspro sono trascinati qua e là lungo la strada. La fenice rinuncia a volare, i cervi bianchi si rifugiano negli anfratti.
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