I vajrapani si erano fermati in cielo e spiegavano a Tripitaka: "Santo monaco, qui sotto c'è la città di Chang'an. Noi non possiamo scendere, perché i suoi abitanti sono furbi e ci riconoscerebbero subito. Tutto sommato sarà meglio che neppure il grande santo Scimmiotto e i suoi compagni scendano giù. Fate voi un salto a consegnare le scritture al vostro sovrano; noi vi aspettiamo qui, per ritornare insieme a voi e render conto della missione compiuta."
"Non è un suggerimento pratico" obiettò Scimmiotto. "Come farebbe il maestro a portare i sutra? E non sa nemmeno condurre il cavallo, che lo deve pur aiutare. Bisogna che provvediamo noi. Abbiate la pazienza di aspettarci, e state certi che non faremo ritardi indebiti."
"Ricordatevi che Guanyin si è impegnata con il Buddha a concludere andata e ritorno in otto giorni, per completare la cifra del canone. Sono già trascorsi più di quattro giorni; non vorremmo che venisse a galla l'avidità di Porcellino e ci facesse superare il tempo assegnato."
"Ma quale avidità, maleducati!" replicò Porcellino ridendo. "Il maestro è diventato un buddha, e spero di riuscirci anch'io. Non vi faremo ritardare."
Il bestione si mise in spalla il bilanciere, Sabbioso tirò il cavallo e Scimmiotto prese per mano il maestro; abbassarono la loro nuvola e presero terra accanto alla torre Attesa delle Scritture.
Taizong e il suo seguito scesero dalla torre ad accoglierli: "Eccovi arrivato, caro fratello!"
Tripitaka si inchinò fino a terra. Taizong lo aiutò a rialzarsi con le sue mani e gli chiese: "Chi sono quei tre?"
|