Wu Cheng'en
VIAGGIO IN OCCIDENTE


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     (20) In breve anubodhi, l'illuminazione completa senza pari.
     (21) Nel testo cinese c'è una trascrizione-adattamento della formula sanscrita, che costituisce un abracadabra: Jiedi, jiedi, poluojiedi, poluijiedi, putisapoke. Qui, come di consueto, le parole sanscrite sono trascritte all'europea. Non si dovrebbero mai tradurre le formule magiche. Comunque il modesto significato è: Partito, partito! Passato! Del tutto passato! Viva l'illuminazione!
     (22) Il vecchio dice: wu yao, non ci sono piatti (s'intende: per accompagnare il riso). Wu significa anche: cinque; e yao: linea di esagramma. Porcellino bofonchia: che cosa sono queste cinque o sei linee?
     (23) Metallo=Scimmiotto, Legno=Porcellino, Terra=Sabbioso, finalmente riuniti: il corpo di spedizione in Occidente sta per completarsi.

     (24) Jia, che oltre ad essere un cognome, è omofono di falso.
     (25) Mo, che significa niente, oppure non esiste.
     (26) Dialoghi, XV, 39: "Il Maestro disse: se la Via è differente, non c'è progetto comune" (trad. E. Masi).
     (27) Traduttori giapponesi richiamano l'attenzione sull'applicazione dell'espressione bonzi orientali ai pirati giapponesi che devastavano le coste cinesi. Bonzi, perché si radevano metà della testa.
     (28) Dialoghi di Confucio, IV, 19: "Il Maestro disse: Finché padre e madre sono in vita, non viaggiare lontano. Se si viaggia, sia un luogo determinato." (Trad. E. Masi).
     (29) Per quanto mostro, Scimmiotto non era mai stato presentato in questa luce. Del resto altrove si dice p. es. "...l'alito di Porcellino era impuro, perché fin da piccolo si era macchiato del peccato di distruggere vite e di mangiare carne umana. Invece Scimmiotto, cresciuto a forza di pesche, pinoli e bacche di cipresso, aveva un alito puro" (cap. 39). Se al lettore non piacesse di accettare semplicemente l'incongruenza, potrebbe provarsi a considerare questa storia come un espediente retorico per illustrare la situazione a Tripitaka.


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